Poichè credo che un curriculum possa descrivere solo una piccola parte di un essere umano, racconto qualcos'altro di me con queste poesie e con altri scritti. Le poesie sono selezionate in un arco di tempo molto lungo, per cui alcune sono di una Renata diversa... ma pur sempre parte della mia storia...a chi legge il piacere di individuare le date...
In preghiera
Il fervore di mille voci bambine
in preghiera
quel fervore composto aggraziato
obbediente
che trema di verità
Un coro dolce rassicurante
sabbia tiepida e setacciata
e il tuo cuore ha un fremito
come di farfalla
II volo, Dio mio, il volo è dentro…!
Il coro prosegue, le voci si disperdono
nella sabbia tiepida si distinguono le orme:
le mie, le tue
e mille altre che vorrei amare.
Il vento rinnova le dune
e tutto è pronto
Un nuovo fremito d’ali
solleva il sipario
e il canto si diffonde
e penetra
Se mai avrai un’anima…
Non mi inganni poesia
dieci versi agili, melodiosi
rime baciate, alternate
pensieri arguti
logiche stravolte
niente basta a ingannarmi
se non pulsa veloce al cuore
quella febbre di gioia e dolore
che sola è poesia
poesia nel mio corpo
e nel sasso che calpesto
nel mio respiro e nel silenzio di un istante
padrone assoluto della natura
e di me che ne sono immersa....
Se vivi e canti
se gioisci o lamenti
se irrompi o carezzi
l’ignaro che può udirti
questo io lo so....
mentre agito la penna su questo foglio
io so se mai una fata con un soffio
ti donerà la vita
se mai avrai un’anima
poiché la mia è dentro di te
“Poesia mia”
Ti scriverò Poesia mia
in un giorno qualsiasi
lontano dal giudizio
scriverò,
Poesia mia
a te che noi conduci
vecchi bambini e stolti
a un unico germoglio
e stanchi di avanzare
i quest’orgia di progresso
concedi le tue ali
e inviti a riposare.
Ti scriverò Poesia mia
per grazia immeritata
di amarti immensamente
e averti immacolata.
Sola
Sola, nell’immensità
che la solitudine espande
vicina, incredibilmente vicina alla fonte
percepisco l’immensità e la generosità
di un palpito sommesso
che si ripete di cuore in cuore
come un tam tam nell’universo
e raccoglie anche me
anche me che ero smarrita.
L’amore mi solleva e mi accompagna
il palpito dell’universo abita nel mio cuore
e mi invita a nascere.
C’è un filo sottile da sempre nel cielo
C’è un filo sottile da sempre nel cielo
che sostiene anche il volo delle aquile
Non temono loro i suoi nodi eleganti
indissolubili
non s’attenua per questo il loro grido feroce
Ben altri sono i nodi che inceppano le ali
ben altre le soste obbligate
Da sempre quel filo è nel cielo
sottile corrente che racchiude il segreto
a noi che ne godiamo ignari
Siamo noi ?
Un nodo tenace
spacca lo specchio dell’acqua
siamo già morti e rinati
nei suoi brevi anelli
eppure un fiato sommesso
ancora smuove qualche conchiglia
e i suoni mutano
così i colori
e le imperfezioni.
Siamo noi questo cumulo di macerie
da cui rinascono
la terra e il cielo ?
Lontano dal cuore fanno festa le parole
Lontano dal cuore
fanno festa le parole
ed io tremo
di loro e della mia ebbrezza
Sobrio è colui che ama
il vero e le allucinazioni insieme
e partecipa ad ogni festa
in abito da pagliaccio
non travestito
ma segnalato
a sé e agli altri
così
dalle lune di pastello rosso
intorno alle labbra
“Ricordi nel paesaggio” (I)
Tutto è perfetto :
il tempo silenzioso
e il vento che lo sfugge,
c’è un sole morbido
amoroso
e ci sono poche stelle impazienti
e si può fingere l’infinito
fissando un punto all’orizzonte.
Perfino le tue mani vedo
prima intente al lavoro
ora giunte in preghiera
le tue mani grandi
irretite da vene caparbie.
Dopo la messa…
E poi dicono ...
“ Peccato , del resto era previsto...”
Due fiori nei capelli
e un terzo fra le mani
avviandosi all’uscita.
Ultima genuflessione appena accennata
quasi complimentandosi con se stesse
per la buona recitazione
e...via, oltre il pesante portone,
perché anche il sole si compiaccia
della devastazione sofferta.
E lo stupore è sempre palese
per chi non aveva parti in consegna:
immedesimazione da patologia !
E tutto questo per salvare la faccia,
non l’anima è chiaro !
Fra terra e cielo
La vera corsa non è degli uccelli nel cielo
ma del mio essere con loro
e in un tempo lontano
le pietre tastando di storia e d’amore
e il capo flettendo
in posizione di volo.
Siederai alla fonte divina…
Scenderai negli abissi marini
a cercare la terra,
quella terra che l’acqua nasconde
e siederai alla fonte divina
sorridendo a fronte china.
L’Illusione
L’azzurro è nel cielo dei poveri
come un soffio beffardo
di gioia repressa
da una lenta rassegnazione
venuta giorno per giorno
inequivocabile, ritmica, dolente
è il colore dello spazio
che si dilata
sollevando gli animi
in un volo leggero
irresponsabile
dove sicuri di incontrare il Signore
ci sentiamo buoni
e finalmente appagati dalla libertà
di prendere e dare senza spasmi
veleggiamo ignari
incapaci di altro
felici per sempre
accecati d’azzurro.
Un inventore di ricordi
Un inventore di ricordi
colleziona farfalle e canzoni
per riordinare il mondo
e immaginarlo chiaro
così come è nei suoi occhi.
Suona con trombette di zucchero
melodie dolcissime all’infinito
e crede che l’amore sia così:
un desiderio che prende vita fra le mani
come il giocattolo del cuore.
Potenzialità inerme
Voluttà rattrappite traspaiono
da fogli di carta ingiallita
rosicchiate dal tempo
come artigli spezzati
di mani scarne, nodose
strette in pugni testardi
ultima rappresaglia
di mille mete sfuggite
e di altre mille rinnegate.
Poco prima di imparare a volare…
E non è per vanità
vi dico… e insisto ormai svuotatosi
l’uditorio
che mi conservo dentro quest’oratorio
come taccuino per gli impegni morali
e per lo spirito astuto refettorio.
Anche se mi vanto
di fronte a voi fratelli
di essere vivo
di là da un canto
anche per me
si schiude la voragine
e cola un secchio di grigia tempera
su ogni lucida propaggine
a giustiziare ed eguagliare
speranze che possono
ma non sanno volare.
Burattino agile
Frazione di tempo
che scivola lungo un ritorno
e non sa che di partenza
burattino agile nasconde i fili
che pur s’annodano tessendo reti
fra i suoi pensieri
al suo passaggio grava il corpo
sullo scheletro che geme
il suo effimero destino.
Siederai per non piangere le ferite dei sensi
il tuo cammino é stanco,
ma non ha fine né principio
guarderai oltre e non vedrai
che il tempo laborioso
e fuggevole come sempre
riderai forse di altre marionette
che, come te, non odono il rumore
di ferraglia delle loro catene
ti soffermerai forse in un angolo
dove il tempo non osa il suo alito pesante
e scorgerai la vita
che ti attende affranta e solitaria.
Icona I
L’irruenza del tempo
nell’anima afoso,
controversie agguerrite
che si spiegano goffe.
Icona II
Bruciori di carni afflitte
da un peso di iniquo dolore
cercheranno il conflitto più atroce
per rinnovare la pace di sensi.
Icona III
La notte è buia
ma il bianco esiste
e bucherà le tenebre
con cieli immensi.
“A un amico“
La compiacenza dei tempi
e l’equivalenza dei luoghi
reticolati ad incastro
che la mente smuove appena
la chiarezza del ricordo
i dubbi del presente che
affamano l’anima
e la speranza che torna
pane di ogni male
l’imponenza dell’uomo
negli occhi di ognuno precari
dell’ansia che torna sicura
il lampo che temi e la sua verità
saranno i tuoi passi lontano da casa
persi fra strade di silenzioso selciato
e la pioggia sorride
nel bagnarti le ali
alleata del vento
che rimedia e disperde
ma non mancheranno
se saprai attendere
la pace e l’oblio
il terrore promesso
riassunto di futili ore
in un solo attimo
definitivo.
…e ti abbandoni alla vita
Uccelli che gridano
voci sommesse di preghiera
lamine che sibilano nel vento
passi che corrono e che odi
inciampare come un gemito.
Sospeso in un respiro profondo
che cerca il suo tempo
In ascolto di una poesia
che ti appartiene da sempre….
l’altra onda del respiro ti avvolge
e un dolore affilato e sapiente
attraversa il torace
e da quel solco comincia
a infiltrarsi la luce
E tu finalmente leggi….
leggi la tua poesia
ascolti la tua musica
e ti abbandoni alla vita
il cuore aperto
e gli occhi gonfi di gioia.
Disincanto
E nell’attimo che segue incontrerai il destino,
getterai le briglia, ma per non correre più
porterai alto i tuo nome
sollevando il capo con fare ardito
ad ogni brezza di nuovi albori
per non ferire il tuoi muri ciechi
cadrai nel fango amando i tuoi abiti imbrattati
correrai esausto incespicando fra l’erba
noncurante dei rovi
non salperai all’alba e non rientrerai al tramonto
abbasserai le palpebre rubando agli occhi
l’ultima immagine di una planimetria in bianco e nero.
Una nota leggera…
Una nota leggera,
audace
sfuggita per distrazione
a quel tempo lontano
lontano da ogni timore
con le tasche rivoltate
penzoloni dal soprabito
e le parole veloci
tintinnanti di buoni propositi.
Poi la sveglia del mattino
che disturba il sonno della lode
e il giorno seguente si
riprende da capo,
finché le mani raccolte lo sguardo velato
un boato improvviso ci scopre
intenti a trattenere un lembo del passato
che scricchiola avanzando
come un infermo egoista.
Non può essere amore
Tenebre morbide
io vorrei recidere
i vostri steli d’augurio
i vostri gesti compiti
antichi blasoni di falsità
Ma è la vita che torna
fulminea e concavo
produce uno spazio nel cuore
che subito sfiata
e vi butto oasi rapite
e furibondi cieli ancora da inventare
e questo, pensateci
non può essere amore.
a ROLANDO TORO
Angelo che non vola
ma cammina leggero...
e sorride
nel regalarti ali
di cartoncino azzurro
goccia di china
che danza il tuo respiro
terra bagnata
che si accoccola
nel palmo della mano
e cresce....
cresce a dismisura
creatura nuova nel mondo
e in te che già l’amavi.
A un amore mai nato
... e lieve fu il confine
segnato da uno sguardo
Non valicarlooo......
si udì un grido
e poi più niente
sottili ramoscelli
caduti nella tempesta
scricchiolano, pare un pianto
infermo, sgraziato
Passerà qualche gitante
a raccogliere legna per il fuoco
non saprà di bruciare anche me
che quel giorno passai di lì
non saprà di prosciugare lacrime
cadute a terra di nascosto.
Ritratto di Isabella
E’ una danza frenetica
dove cadono gli orli
con la bellezza agli abiti
e di seta si fanno gli sguardi
e di rete si tesse ogni cosa
non più broccati e bottoni
e cinture più strette di un fiato in corsa
ma lacci di desiderio
imbrigliati nella danza
e fazzoletti rossi per
fermare il tempo.
“Dedicata a Pina” n°1
Sentirsi vivi nell’aria di un giorno che muore
è ridestarsi al tramonto godendo del buio
che non cancella te, la tua luce diversa
che la notte rinfresca di labili ombre giocose;
è distrarsi seguendo il tuo passo
che calca di orme più care
lontane mete bramate e non perde
il suo ritmo fra sordide grida di umano.
Bimba a cui il tempo vorace s’inchina
in te non è perso il tempo della sosta.
in te non è morte la morte
di cercare il mio segreto mi dai voglia
mentre il tuo serberò senza dolore
poiché m’han detto i tuoi gesti astuti:
“Le mie strade traverserai danzando
ed il tuo coglierai altrove”
“a Pina” n°2
Bimba in te amo riposare
costruendo pause che già conosci
perché anche tu credi nella sapienza
del tempo e di certe ore che silenziosamente
scuotono piante già mature
e la speranza senza attesa
cela mete che non tradiscono
mentre rinnovi in fede l’ansia
vincendo forse l’ultima volta
io non ti sto a fianco
non ti sono vicina né lontana
ma divido insieme a te la noia
che preclude la verità.
“a Pina” n°3
Il tuo esile corpo
incredibile sostegno
di una forza infinita,
niente ti ha piegato
e nell’animo intatte
le cose più belle
a me e pochi altri
lasci ammirare....
e i tuoi occhi brillano
grandi e magici
come una sfida gioiosa
senza tempo senza limite alcuno.
Bimba,
ti chiamavo nelle mie poesie
e bimba per me sei rimasta
e mi piace pensarti avvolta
in una soffice chioma grigia
la pelle un po’ avvizzita
e lo stesso sguardo di bimba
trascinata nella vita dalla vita
ma mai cresciuta abbastanza
da poter invecchiare.
“a Pina” (quando mi mancherai) n°4
Ragazza giovane di cuore e di mani
questi prati cocciuti
i sentieri insidiosi
i tuoi piedi sconfitti
il ginocchio rotondo...
nulla è più vero di quest’erba
che s’alza tristemente fiera
alle tue spalle lontane
sento la tua corsa veloce
pulsare nel mio sangue
come un’infezione
uno stormo imprendibile
di tordi impazziti
che ridono del mio fucile di cartone
Con te all’orizzonte opposto
anche i miei giorni sono
foglie secche che s’addensano
ai piedi immobili
e il tempo m’intristisce
aspetto un fuoco già spento
che consumi anche quest’ultima brace
così niente avrà più fine
e io non ti avrò mai perduta.
Nel paesaggio
Il rumore e la brezza
sono così lievi
che non so più bene
cosa smuova l’erba
e tenga invece così
fermo il mio corpo.
Forse mi solleva
il pettine dell’erba
e districa i miei pensieri.
Ricordando Fiesole
Denso aroma di foglie
pungenti come aghi,
ovattate nel lugubre silenzio
protese verso il cielo,
che è il mondo tutto,
l’etereo continente dei volti spersi;
con dolcezza insieme al vostro
forse ultimo spasimo
verso la notte di pianti sconosciuta
guidate le anime intatte,
i fanciulli senza corpo vi tendono la mano
e gli basta calare le pesanti
palpebre di carne per innalzare
i cuori al suono delle vostre nenie;
ma chi s’impiglia fra i rami,
chi teme fra le sue spoglie gli aghi
e s’attarda a cercarne rifugio
avrà scarpe di piombo e uncini alla nuca
e spezzerà il suo volo
in uno sguardo obliquo fra cielo e terra.
Alla mia scuola materna con uguale amore
Liberami o Signore dai pennarelli
dai prati a righe aggrovigliati
dai cieli a listarelli
Liberami o signore dalle forme
dagli alberi ad artiglio
e dalle foglie a orecchie di coniglio
Liberami o Signore dal contorno
e da un sole a porcospino
che irradia spilli di luce intorno
Liberami o Signore dal foglietto
che dei miei grandi sogni
ce ne entra solo un etto
Liberami o Signore dai tavolini
dai temperini
dai cadreghini
che l’arcobaleno io ci ho provato
non vuol sedere con gli altri bambini
Dammi o Signore
libertà e colore
saprò usarli
con coraggio e amore.
Silenziosa e inosservata
la giornata
muove i suoi primi passi
presente la gioia ma la contiene
perchè non sa da dove viene
Come spiegare alla gente comune
che da certe cose è immune
del fuoco che scalda
e fa luce dentro
senza ragione, e in accordo con il firmamento
come spiegare a chi è scaltro nei conti
e non sospetta la realtà di altre fonti
Porterò di tutto questo in mezzo alla gente
solo il sorriso
a volte nel cuore a volte in viso
il colore, la luce e l'amore
fonte di gioia e strada del cuore
La vera trasgressione è la gioia
…e una voce sottile risponde da lontano “…non vero! Se ne parla tanto nella new-age..”.
Nel “V° Vangelo” di Mario Pincherle Gesù confessa all’apostolo Tommaso: “Mi dipingeranno come un uomo che ama la sofferenza, ma non è così…”
È difficile riconoscere il disorientamento profondo che esiste di fronte al tema della gioia. Certo se ne può parlare con più facilità rispetto a quello della morte o del sesso, ma pochissime sono le persone che ne portano in sé l’esperienza.
La gioia è un senso interno che spesso è stato scollegato nell’infanzia dalla radice del sentire, che è il Corpo.
La mancanza di gioia nella nostra vita sembra dipendere dagli eventi, ma in realtà è una mancanza di gioia nel nostro corpo…nella nostra pancia.
L’approccio scientifico identifica la gioia con il “tono dell’umore” e propone medicinali (psicofarmaci) che aumentano la quantità dei neuro trasmettitori che sembrano esserne alla base: serotonina e dopamina. Un certo tipo di fedeli trovano qualcosa che chiamano gioia nell’obbedienza e nella redenzione. Assoggettarsi alla sofferenza del senso di colpa o della punizione porta alla gioia del perdono!
Gli arrivisti invece gioiscono delle loro conquiste sociali restando così totalmente dipendenti per la loro felicità, dalle risposte esterne e coltivando con cura la propria immagine, ma non il Sé autentico. L’impalcatura è vuota dentro e il ritmo del cuore, se si fermano ad ascoltarlo, ha uno strano rimbombo che dà angoscia.
I giovani confondono lo “sballo” con la gioia e sono i più disorientati purtroppo, tranne poche eccezioni, rispetto all’esperienza interiore della gioia, perché sono figli di una generazione che ha lasciato i sogni a metà e si è imbambolata davanti alla TV.
Quando l’infelicità è troppa e la vita diventa così pesante da costringerci a uno sforzo immane per sollevarci dal letto ogni mattina, allora cerchiamo di reagire con i mezzi che abbiamo. Prendiamo qualche iniziativa di tipo pratico: ci facciamo un regalo, ci iscriviamo a un nuovo corso; o di tipo interiore: cerchiamo aiuto negli affetti, proviamo a migliorarci.
Questi sono i primi passi importanti, gli unici che conosciamo, ma ancora niente ci dona davvero Gioia, riusciamo solo a restare un po’ più lontani dal “baratro”. Perché? Perché stiamo cercando la gioia senza conoscerla: la gioia è più grande del piacere, è diversa dall’appagamento, è pura energia radiante, totalmente libera dalle trappole dei nostri pensieri. La gioia è un sentimento che sconfina dal nostro piccolo io, dentro il quale soffocherebbe. Essa necessita del grande respiro di tutto l’essere spirituale. Non va però confusa con uno stato di ebrezza da iperossigenazione di fantasie trascendenti! La gioia ha bisogno di concretezza, di legame con la vita, di azione, di rischio, di profondità. L’alchimia della gioia richiede: totale disponibilità alla vita, apertura di cuore e resa al divino. La via regia per aprire il cuore alla gioia è la gratitudine, una gratitudine che viene dal nulla e ama quello che incontra. Quando un fiore non è semplicemente bello…non è semplicemente profumato..ma ci commuove nel profondo… Se ci abbandoniamo a quella commozione e proviamo a dire “grazie”, la gioia è immediata limpida.
Quando il sentimento della gioia non è integrato nella personalità, tutto è più buio e nella nostra vita si susseguono momenti felici o noiosi o dolorosi che governano totalmente il nostro umore.
Quando, entrando nella dimensione spirituale, attiviamo l’energia radiante della gioia, essa sarà presente con la sua forza e il suo calore sempre. Scopriremo che è possibile attraversare un grande dolore e contemporaneamente lasciare vibrare la gioia in noi.
Il “pellegrinaggio” spirituale, qualunque sia il sentiero che abbiamo scelto dovrebbe aiutarci a realizzare l’alchimia della gioia insegnandoci a sviluppare gli elementi necessari e passandoci in anticipo la dimensione di questa esperienza. Come essere spirituale, in cammino come voi, che dedica la sua vita alla ricerca e al servizio; provo a darvi qualche consiglio su cosa mettere nella “valigia” prima di partire alla ricerca della gioia e su cosa eliminare per facilitare l’esplorazione:
1. è indispensabile portare con sé: coraggio, disponibilità verso la vita, sentimento e apertura spirituale (cioè verso il non conosciuto)
2. è fondamentale lasciare: chiusure, pregiudizi, timori, pretese, rancori, e pragmatismo (anche se sostenuto da un’ottima cultura!)
Cosa fare durante il cammino? Proporsi l’esperienza sciamanica del “divenire totalmente” ciò che si sta vivendo in ogni piccolo incontro, in ogni piccola esperienza. Lasciarsi raggiungere dentro dalla vita così profondamente da poter comprendere anche l’esperienza della morte senza averne più paura. Meditare, danzare, cantare, fare arte per nutrire l’anima e raggiungere così, attraverso di essa, il nostro Sé spirituale. Toccare ogni giorno la vita con il cuore e con le mani perché tutto sia reale, vivo e pulsante. Cercare il sostegno nella forza dello spirito e non solo nell’identità. Nel linguaggio dei chakra ciò significa che la forza guerriera del 3°Chakra che si ferma alle emozioni e alla strutturazione dell’identità è insufficiente ; la vera forza si completa più in alto, dal 7° chakra in su verso i chakra spirituali extracorporei.
Oh! Dimenticavo… quando tutto questo è presente nel nostro cammino diventiamo più “belli”, la nostra aura si accende e sempre di più illumina i tragitti difficili, nostri e di chi “viaggia” con noi.
Con amore
dott. Renata Righetti
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