Trasmuda® e l'handicap


I disturbi psicorganici di origine genetica o causati da lesioni cerebrali in gravidanza, da parto o post-natali sono quasi sempre accompagnati da ritardo mentale, poiché non sussistono le condizioni per un adeguato sviluppo psicomotorio e cognitivo. L’andamento irregolare della crescita genera ben presto anche difficoltà relazionali del bambino con se stesso, con l’ambiente e con le persone a lui vicine, provocando l’innesto, sulla disfunzione di base organica, di disturbi psicotici e/o di personalità. Tutto ciò che ho descritto sull’utilizzo della metodologia Trasmuda® in psichiatria, è quindi importante e applicabile anche a questo tipo di utenza, rispetto alle problematiche di carattere psichico. In molti casi, però, l’aspetto prevalente è quello dell’handicap cognitivo e/o motorio. La danza in questo caso viene dedicata soprattutto alla ricostruzione dello sviluppo psico-motorio.
Semplificando molto le proposte, si andranno a ripercorrere nell’ordine adeguato tutte le tappe del movimento che accompagnano la crescita, a cominciare dai movimenti riflessi e automatici del neonato. Si costruirà, così, nel tempo, insieme agli schemi motori mancanti o incompleti, un linguaggio corporeo comune tra l’operatore e il gruppo, che andrà ad arricchire le possibilità espressive e riabilitative. Se riusciamo a creare il giusto coinvolgimento, utilizzando la "porta di accesso" all’esperienza che riconosciamo in loro accessibile, allora i movimenti della danza avranno il potere di imprimersi nella memoria corporea e vedremo affiorare gradatamente nell’utente un comportamento diverso. L’operatore dovrà diventare un contenitore capace di introiettare i processi interni in atto nel paziente, per elaborarli con lui, offrendogli uno specchio danzante che lo aiuterà a prendere coscienza del cambiamento in atto e ad integrarlo. Spesso accade, infatti, che nell’utente la consapevolezza di ciò che è cambiato, giunga solo dopo la manifestazione concreta del nuovo comportamento. Quello è il momento più delicato, in cui il paziente ha bisogno di essere aiutato a riconoscersi e accettarsi nuovamente. Nella divisione dei movimenti fondamentali che compongono una danza, l’operatore dovrà mantenere la consapevolezza dell’intero connessa ad ogni singolo frammento, ogni passaggio andrà proposto come una danza a sé, interessante e completa.

PER MEGLIO COMPRENDERE COME SI PUÒ AFFRONTARE LA RIABILITAZIONE CON QUESTO TIPO DI UTENZA E QUALI OBIETTIVI SI POSSONO RAGGIUNGERE, DESCRIVERÒ ALCUNI CASI SEGUITI DA ME PER DUE ANNI IN UN GRUPPO PRESSO UN CSE. I NOMI DEI PAZIENTI, NATURALMENTE, SONO STATI CAMBIATI,NEL RISPETTO DELLA PRIVACY, COME IN OGNI ALTRO CASO CITATO.

LUCIANO epilessia parziale con sindrome deficitaria di natura non ben definita. Luciano manifestava un terrore costante e diffuso e la mancanza di conoscenza esperienziale dei propri impulsi, soprattutto relativi all’aggressività. L’obiettivo dedicato a lui con la danza, quindi, è stato il miglioramento della sua capacità di organizzazione interna delle spinte istintuali, e i rudimenti fondamentali che gli permettessero di entrare in relazione con minore ansia. Dopo qualche mese, abbiamo osservato che negli occhi di Luciano non c’era più lo stesso terrore ed era più facile avvicinarlo senza rischiare aggressioni.
IOLANDA sindrome di Down, trauma da parto, ipotonia simmetrica e diffusa. Ma danzando a volte si scatenava con espressione trasgressiva! Aveva davvero "staccato la spina" a causa di una patologia o era stata una necessità indotta dalla particolare relazione con la madre? Il suo corpo, piano piano, ha risposto alla danza, sperimentando sensazioni ed emozioni imprigionate da tempo e ritrovando un dialogo tonico e armonico.
VALERIA cerebropatia, epilessia e distorsione di personalità con disturbi autistici. Valeria si sentiva facilmente "invasa" dalla vicinanza di altre persone e reagiva con aggressività o fughe e chiusure autistiche. Per qualunque tipo di attività di gruppo era sempre stato necessario affiancarle un operatore che si occupasse solo di lei. Dopo qualche mese, Valeria ha cominciato a manifestare, durante i nostri incontri, comportamenti di integrazione con i compagni e di maggior apertura e fiducia in generale.
VIVIANA 60 anni, esiti da meningoencefalite, comportamento stereotipato, movimenti rigidi ed attenzione molto labile. Viviana a volte cominciava a danzare in modo aderente alla richiesta, ma con movimenti rigidi e inespressivi; poi, improvvisamente, il suo sguardo si faceva più vacuo e il gesto sempre più meccanico e agitato. La ripetizione dei gesti era, secondo gli operatori, una sua frequente modalità di rassicurazione. L’agitazione psicomotoria manifestava il sopraggiungere dell’ansia, forse causata dalle sensazioni e emozioni che la musica e la danza stavano risvegliando. Nell’arco di un anno, Viviana è progredita nella sua capacità di "restare" nel corpo e nel vissuto e di investire affettivamente e coerentemente i suoi movimenti, aumentando i tempi di attenzione...
LOLA deficit psico-emotivo con psicosi da innesto e presenza di allucinazioni e deliri. Per lei era impossibile "scendere a terra", terra intesa come contatto con se stessa e con la realtà. Per la stessa ragione Lola sentiva il ritmo, le piaceva, ma si controllava per non danzarlo. Il suo immaginario era una fuga, come per tutti gli psicotici, dal "non affrontabile". Il corpo di Lola appariva come devitalizzato, scollegato, ma allo scopo di controllare una vitalità intensa e carica di aggressività e di restare separata dalle sue emozioni e dalla vita. L’obiettivo con lei è stato quello di consentirle gradatamente di stare nel corpo e gestire tutto ciò che questo le risvegliava, imparando a riconoscerlo, anziché temerlo.
ESTER esito da meningoencefalite con gravissimo deficit psicofisico. Ester è molto emotiva e spesso "esplode" in modo incontrollato. Per migliorare, però, non ha bisogno di contenimento, ma al contrario di evolvere nella capacità di esprimere disagi e bisogni. Spesso i suoi sì, infatti, sono di cortesia. Danzare le ha permesso di scoprire una modalità di espressione intensa ma "innocua", ha aumentato la sua autostima e creato dei confini che le consentono di dire qualche no. È diminuita così anche la sua necessità di "esplodere".

Come avrete ricavato dal tipo di obiettivi, siamo sempre nell’ambito dei primi tre chakra e questo è il denominatore comune, che permette di elaborare nel gruppo, in modo trasversale e contemporaneo, anche gli obiettivi individuali. In un gruppo di integrazione psicosociale con patologie miste, era meraviglioso osservare l’aiuto reciproco nella danza, per esempio fra un emiparetico con insufficienza mentale e un parkinsoniano. Per alcuni di loro il contatto con la sofferenza altrui era difficile da sostenere, ma per altri c’era la gioia profonda di sentirsi utili a qualcuno, nonostante le proprie difficoltà.
Nella scelta degli utenti che compongono un gruppo, io ho sempre lasciato le porte aperte anche ai casi più gravi e sono tuttora convinta che sia possibile fare qualcosa di utile per un essere umano, qualunque siano i suoi limiti. Occorrono solo molto amore, creatività e una coscienza spirituale che ci consenta di "vedere" oltre i confini della malattia. Non esiste guarigione né miglioramento del corpo o della mente, senza un mutamento interiore in grado di stimolarlo e sostenerlo.
Non esistono solo barriere architettoniche e pregiudizi sociali verso il mondo dei "diversi". Esiste anche una specie di cecità, che non ci consente di vedere oltre la malattia, dentro la malattia dove si trova l’essere spirituale che sta compiendo quella esperienza e che spesso ha molto da insegnare a noi.

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